La vecchia cartamoneta del Regno d'Italia

 All'indomani dell'unificazione politica del 1861, l’Italia era economicamente arretrata rispetto ai maggiori paesi europei: il prodotto pro capite era meno della metà di quello inglese, poco più della metà di quello francese. Il sistema bancario era composto da piccole ditte individuali, da pochi istituti pubblici e da alcune banche di emissione; scarsa era la circolazione di carta moneta. Le banche di emissione si erano affermate negli Stati preunitari nella prima metà dell’Ottocento. L’Italia unita ebbe una moneta unica ma una circolazione cartacea spezzettata, perché quasi tutti gli istituti operanti nei vecchi Stati mantennero la facoltà di emettere biglietti nel nuovo regno. Al Nord la Banca Nazionale nel Regno d'Italia (che veniva dalla fusione fra la Banca di Genova e la Banca di Torino); al Centro la Banca Nazionale Toscana, affiancata nel 1863 dalla Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio d'Italia; al Sud il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Quando, dopo l'annessione di Roma nel 1870, la Banca degli Stati pontifici divenne Banca Romana, gli istituti di emissione diventarono sei.

Tutte le banche menzionate emettevano biglietti in lire convertibili in oro, e operavano in concorrenza fra loro. Due di esse erano pubbliche, Banco di Napoli e Banco di Sicilia, le altre private, ma vigilate dallo Stato. Il corso forzoso (cioè la non convertibilità), imposto nel 1866, fece in modo che la circolazione di moneta cartacea superasse quella metallica.

Nel 1874 fu varata la prima legge organica dello Stato italiano sull’emissione cartacea: indicando espressamente i sei istituti autorizzati, essa introdusse un oligopolio legalizzato e regolato. Non si realizzò dunque una banca unica, soprattutto per la forza degli interessi regionali che non volevano privarsi di una banca di emissione locale.

Qui' di seguito alcune banconote del regno d'italia e 1 lira d'argento del 1910 della Repubblica Italiana.  Per vedere meglio i dettagli cliccandoci sopra.