Nato ad Homs, in Libia, nel 1934 da un "onesto impiegato al ministero della pubblica istruzione", Schifano, tornato a Roma con la famiglia, aveva abbandonato la scuola fin da piccolo. "Ho fatto solo la terza elementare", ha sempre dichiarato, con un misto di orgoglio e di malinconia ("Era una forma di masochismo volontario", ha spiegato una volta. "Ma era una necessità: dovevo strappare il cordone ombelicale con la famiglia"). Poi, verso i vent'anni, dopo il servizio militare, cominciò a lavorare con il padre, nel museo etrusco di Valle Giulia. Fu lì che ebbe "la prima sollecitudine verso le cose esterne che mi piacevano: i paletti. Quelli bianchi e neri che i geometri mettono per terra per poi fare i rilevamenti topografici. Verniciavano i paletti, bianco e nero, bianco e nero. Questo mi aveva stimolato... Come all'esterno: semafori, cartelloni che vedevo quando con Tano Festa camminavamo parlando, nel paesaggio urbano".
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